Le “Castagne Cuneo”
Le “Castagne Cuneo” hanno ottenuto l’Indicazione Geografica Protetta dal MIPAF il 22 agosto 2003 ora in corso di formalizzazione da parte della Commissione Europea. Un’importante risorsa di origini antiche è sicuramente il castagno. Nelle valli sono diffusi, o meglio, sopravvissuti castagneti da frutto coltivati per la produzione della castagna bianca e della farina di castagne, prodotti in passato molto importanti per il sostentamento delle famiglie contadine. La castagna bianca deve le sue peculiarità alle particolari condizioni pedoclimatiche del territorio ed alle varietà utilizzate, esclusivamente locali (prevalgono le varietà Gabbiana e Frattona). La garanzia di salubrità è fornita dalle tecniche di produzione che si possono senza dubbio definire biologiche, non essendovi ricorso a concimi chimici o fitofarmaci. L’importanza della castanicoltura in questi territori è sottolineata dalla presenza dell’intera filiera, con la raccolta parzialmente meccanizzata del frutto e con l’essiccazione in più strutture presenti nelle valli, oltre ai seccatoi a conduzione aziendale. Il frutto delle “Castagne Cuneo I.G.P.” deriva dalle seguenti varietà locali: Ciapastra, Tempuriva, Bracalla, Contessa, Pugnante, Sarvai d’Oca, Sarvai di Gurg, Sarvaschina, Siria, Rubiera, Marrubia, Gentile, Verdessa, Castagna della Madonna, Frattona, Gabbiana, Rossastra, Crou, Garrone Rosso, Garrone Nero, Marrone di Chiusa Pesio. Le “Castagne Cuneo”, allo stato fresco, presentano una pezzatura minima pari a 100 acheni per chilogrammo, una colorazione esterna del pericarpo che va dal marrone chiaro al bruno scuro, un ilo più o meno ampio, mai debordante sulle facce laterali di colore nocciola e raggiatura stellare, un epicarpo da bianco a giallo paglierino, una consistenza croccante ed un sapore dolce e delicato. Le fustaie di castagno da frutto sono situate nell’area che si estende a tutte le vallate della provincia di Cuneo ed ai terreni di fondovalle. Coltivati a castagno sono i terreni generalmente profondi, drenati, ricchi di sostanza organica e privi di calcare attivo, che conferiscono al frutto le particolari caratteristiche organolettiche. Le cure apportate ai castagneti, le forme di allevamento, i sistemi di potatura periodica e pluriennale, tradizionalmente in uso nel territorio, sono atti a non modificare le caratteristiche peculiari dei frutti. La densità di piante in produzione per ettaro normalmente non supera le 150 piante mentre la produzione raggiunge, al massimo, i 30 quintali per ettaro. La raccolta viene effettuata manualmente o con mezzi meccanici tali, comunque, da salvaguardare l’integrità del prodotto. Non vengono somministrati fertilizzanti e fitofarmaci di sintesi, ad eccezione di quelli consentiti dall’agricoltura biologica e dei mastici medicati usati per proteggere le ferite dopo interventi cesori (potatura). La conservazione del prodotto viene fatta mediante un trattamento in acqua calda (50°C per 45 minuti) secondo la corretta tecnica tradizionale utilizzata. In alcuni casi, si ricorre alla tecnica della “curatura” che consiste nell’immergere le castagne, subito dopo la raccolta, in vasche contenenti acqua a temperatura ambiente per 7-9 giorni (per tale ragione è anche chiamata “novena”). Vengono allontanate le castagne galleggianti, mentre quelle rimaste sul fondo sono, al termine del trattamento, disposte in sottili strati su pavimenti porosi operando continui palleggiamenti per una rapida asciugatura. Frequentemente, l’acqua rimasta nelle vasche viene riutilizzata in quanto sembra che manifesti un più efficace effetto conservativo. L’effetto preconservativo della curatura non è ancora del tutto ben chiaro, ma è da supporre che si manifesti una leggera fermentazione lattica a scapito degli zuccheri presenti, con abbassamento del pH e, quindi, formazione di un ambiente inadatto alle crescite fungine. A seguito di studi recenti, questa azione conservativa è stata anche attribuita ad un effetto favorevole esercitato da composti fenolici quali curarine, scopoletine ed esculentine attraverso una azione inibitrice dei patogeni. Questa pratica, come è stata finora fatta, comporta notevoli problemi operativi e la necessità di avere grandi spazi per le vasche e soprattutto per l’asciugatura, oltre ad un notevole impiego di manodopera per le operazioni di carico, scarico e paleggiamento. E’, infine, da sottolineare che l’asciugatura richiede condizioni particolari di temperatura che non è sempre possibile avere nel periodo autunnale e che il metodo di selezione per immersione non è sicuro in quanto non tutte le castagne malate galleggiano e viceversa. Un sistema innovativo di conservazione consiste nel porre le castagne, raccolte dopo un periodo molto breve, che intercorre dal momento in cui cadono dal riccio a quello in cui vengono portate nei centri di raccolta, in grossi recipienti, facilmente stoccabili nelle celle di conservazione. Una volta riempita, la cella di conservazione, che dovrà essere a tenuta, verrà chiusa; si procederà, quindi, alla modifica delle condizioni ambientali, individuate in una atmosfera costituita dal 78% di azoto, dal 20% di anidride carbonica e dal 2% di ossigeno. Durante il periodo di conservazione, la temperatura verrà portata a 0°C, mentre l’umidità relativa verrà mantenuta intorno a 90-95%. In queste condizioni, il prodotto può essere stoccato per un periodo fino a 6 mesi senza avere alcun problema di conservazione, inoltre, il prodotto presenta basso calo di peso ed assenza di muffe e di marciumi. Attraverso questa tecnica conservativa, oltre ad avere un elevato controllo patologico, si riducono considerevolmente i costi gestionali, altrimenti altissimi per un impianto di curatura, il tutto a vantaggio del produttore e del consumatore. E’, inoltre, ammessa la conservazione tramite sbucciatura e successiva surgelazione, secondo le modalità previste per i prodotti surgelati. La commercializzazione delle “Castagne Cuneo” può avvenire oltre che sotto forma di prodotto fresco, anche come prodotto trasformato, con denominazione “Castagne Cuneo-secche” o “Castagne Cuneo-farine”. Il metodo tradizionale di preparazione delle castagne secche consta di due fasi: l’essiccazione - è pratica antica e compare con la diffusione della coltura del castagno e con il problema della conservazione delle castagne per un lungo periodo. L’essiccazione avviene a fuoco lento in apposite strutture in muratura, i cosiddetti “essiccatoi”, che ricalcano il modello degli antici “secou”, in legno e dislocati nei boschi. L’essiccatoio e composto da due piani. In quello inferiore, che funziona da caldaia, viene acceso un fuoco, alimentato tre volte al giorno con legna di castagno o prodotti forestali di scarto (ricci, bucce di castagna, fascine, segatura). Al piano superiore si trova un unico graticcio, in legno o in metallo. I graticci in legno, costituiti da listelli di 3-4 cm di spessore e distanziati tra loro di circa 1 cm erano i più usati perché meno costosi e, in caso di incendio, lasciando cadere le castagne, bloccavano immediatamente il propagarsi del fuoco. Quelli di metallo hanno una durata superiore con maglie di 1 cm2. Le castagne sono disposte sul graticcio in uno strato dapprima di 20 cm che può aumentare gradualmente fino ai 30-50 cm. Durante l’essiccazione i frutti vengono periodicamente rivoltati, sorvegliando che la temperatura si mantenga costante. Il peso del prodotto che si ottiene dopo 30-40 giorni di essiccazione è circa 1/3 di quello originario. la sbucciatura (pelatura o sgusciatura) - terminata la fase dell’essiccazione, le castagne secche vengono sottoposte alla sbucciatura cioè all’eliminazione dell’epicarpo. In passato, questa operazione veniva effettuata utilizzando diverse tecniche: le castagne secche, ad esempio, venivano “battute” all’interno di un sacco contro un ceppo o per terra oppure si “pestavano” con apposite calzature dalla suola munita di punte di legno o con cilindri di legno dotati di punte e di un manico. Negli ultimi anni, si procede alla sbucciatura meccanica. Le castagne secche sgusciate si presentano intere, sane, di colore paglierino chiaro, con non più del 10% di difetti (tracce di bacatura, deformazione, rotture, frutti con tracce di pericarpo, ecc.) e non oltre il 3% di prodotto bacato. La tecnica di produzione della farina di castagne è quella in uso nella tradizione locale che prevede, dopo una prima fase di cernita dei frutti, la molitura delle castagne in mulini da talco, che consentono di ottenere una farina di castagne finissima. L’umidità contenuta nei frutti sfarinati non deve essere superiore al 15% per permettere un’adeguata conservazione del prodotto.
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