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VALLI MONREGALESI

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Arte e storia nella zona VALLI MONREGALESI


Area Archeologica in Regione Castello a Montaldo di Mondovì
Area Archeologica in Regione Castello a Montaldo di Mondovì

La zona di Montaldo Mondovì conserva testimonianze dell'insediamento umano in epoche preistoriche, in particolare a partire dal Neolitico, fase in cui il Piemonte ebbe rapporti più stretti con la Liguria. Gli scavi condotti in questa zona hanno permesso di identificare la presenza di un castello del XIV secolo e tracce di un insediamento protostorico della II età del Ferro. Il paese di Montaldo sorge, infatti, come villaggio di pastori e agricoltori, appartenenti al ceppo dei Liguri Montani.Fra i resti dell'insediamento protostorico vi sono le "coppelle" da porre in relazione ad una probabile area sacra legata a forme rituali e culturali. L'insediamento di Montaldo è devastato dai Romani in una campagna militare nel 179 a.C. ricordata da Tito Livio. L'abitato risorgerà successivamente e sempre in epoca romana, come sito posto lungo la via per il mare.Oggi a Montaldo è possibile visitare il sito archeologico che troverà spazio nel museo archeologico di “Casa Cavallo”, la chiesa dell’Assunta costruita nel 1500 sui resti di un precedente edificio del 1200 o spostarsi nelle vicine borgate: Sant’Anna Collarea, Deviglia, Oberti, Corsagliola. Scendendo verso Torre, seminascosta dalla vegetazione, si trova una piccola cappella sorta sui resti dell’antichissimo Romitorio di Sant’Ambrogio.




I menhir di Briaglia
I menhir di Briaglia

Presso la Confraternita di San Giovanni Evangelista è raccolta una serie di “megaliti” ritrovati nella zona. Nel 1970, l'archeologo Janigro d'Aquino iniziava una serie di scavi presso il paesino di Briaglia dove, secondo le sue teorie, dovevano trovarsi tracce di insediamenti risalenti ai Celto-liguri, popolazioni esistenti nelle nostre vallate molte migliaia di anni prima dell'avvento dei Romani. La fatica dell'archeologo fu coronata da successo: nelle colline di Briaglia-S.Croce scoprì numerosi megaliti sbozzati a forma umana stilizzata (statue-stele), a forma di animali (fra cui un bel cinghiale) o di obelischi (menhir). Il ritrovamento più sensazionale è stato il "dolmen", nome che archeologicamente si dà a sepolture megalitiche con ingresso simile ai dolmen tradizionali. Era formato da una galleria lunga oltre 30 metri che termina con una camera mortuaria. All'interno si trovava un pozzo a forma di mezzaluna profondo una ventina di metri. Sotto la crosta calcarea ricca di stalattiti furono trovate tracce di ocra rossa, di cui i primitivi spalmavano corpi e tombe. Da quando il professor D'Aquino ha interrotto gli scavi (durati circa 3 anni), tutti i reperti sono stati abbandonati nel più completo degrado, e attualmente molti menhir sono andati perduti oppure utilizzati per costruire muretti a secco, e il prezioso dolmen sotterraneo non è più accessibile in seguito a frane. Oggi la sistemazione dell’area è oggetto di un progetto speciale integrato finanziato dalla Regione Piemonte.




I Tetti Racchiusi
I Tetti Racchiusi
Roccaforte Mondovì

Un altro segno visibile della cultura occitana sono i fabbricati rurali a “tetto racchiuso”. Queste costruzioni, probabilmente di origine celtica, sono presenti oltre gli 800 metri ed entro confini ben definiti nell’abito delle Valli Monregalesi. Per la loro tipicità e rarità queste opere rappresentano un patrimonio storico importantissimo. In Italia le uniche località doves si registrano altre sporadiche presenze di questo tipo sono Alpago e Neval (Bellunese), S.Andrea Pelago e Fiumalbo (Abetone). In Europa, queste costruzioni sono limitate alle zone dei Pirenei e del nord della Scozia. La funzione principale ed universalmente diffusa cui adempie la costruzione di un tetto, sia esso di pietra, scandole, paglia, coppi, tegole o lamiere, è quella di proteggere dalle intemperie non solo l’interno dell’edificio ma anche la sommità dei suoi muri; si tratta cioè di una superficie che copre ampiamente l’intero perimetro murario.Una tipologia particolare caratterizza invece l’impiego della paglia nelle vallate propriamente monregalesi poiché applica un principio inverso al precedente, attribuendo ai muri frontali, terminanti a timpano, il compito di racchiudere e proteggere le estremità del tetto di paglia. Questo si configura necessariamente ribassato rispetto ai frontespizi ed appoggiato su travi di colmo e arcarecci inseriti nello spessore dei frontespizi stessi; cosicché le due falde del tetto scendono a ricoprire unicamente i due muri laterali. I muri frontali, che rimarrebbero scoperti, sono a loro volta protetti da larghe lastre di pietra disposte a gradini più o meno evidenti oppure semplicemente sovrapposte, embricate come tegole normali. Circa i motivi che hanno determinato la preferenza di un tetto racchiuso su di un tetto coprente i pareri sono ormai concordi: i muri frontali sopraelevati hanno lo scopo di proteggere dal vento le estremità del leggero tetto di paglia. In effetti è chiaro che un tetto proteso al di sopra dei timpani proprio le estremità della copertura risentono il danno maggiore. D’altra parte in Valle Ellero il vento non è frequente ma talvolta di estrema violenza e questo spiegherebbe la primitiva adozione in zone particolarmente esposte quali gli alti fianchi delle valli che scendono a Nord, esposti ai venti del mare e della pianura padana.Questa struttura di tetto assume nella bibliografia nomi diversi: frontespizi salienti, pignons à gradins per i francesi, a passo d’uccello, o a lisca di pesce o tetto scalare.





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