Chiese e Santuari nella zona VALLE MONGIA, CEVETTA E LANGA CEBANA
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Chiesa di San Sebastiano a Paroldo
E’ situata sul pendio della collina dove anticamente era collocato il castello, nelle cui mura fortificate, a suo tempo era racchiusa (nella struttura delle pareti della chiesa sono stati rinvenuti resti della cinta muraria del castello) . Questa era una cappella signorile, infatti apparteneva ai Signori Del Carretto, nei cui possedimenti rientrava il feudo di Paroldo, a seguito delle suddivisioni avvenute nell’antica signoria, geograficamente molto più ampia, dei marchesi del Vasto. La Cappella di San Sebastiano risale al X secolo ed è pertanto la chiesa più antica del paese. La facciata originaria era dietro l’attuale abside (nella parte posteriore dell’edificio) ed era orientata verso il castello, fatto che conferma l’appartenenza dell’edificio al complesso signorile. Su questa facciata si può ancora oggi notare la formella in arenaria riportante lo stemma dei “Del Carretto” (testa di cavallo con cinque bande trasversali) unitamente ai simboli vescovili (tre mappine terminali) con subito sotto la vecchia porta d’ingresso ostruita con pietre. Soltanto alla fine del XVI secolo, infatti, la facciata originaria, e di conseguenza l’ingresso della chiesa, fu sostituita dall’attuale, rivolta verso levante come stabilito dalle norme del Concilio di Trento. Nella parete esterna sinistra è ancora oggi visibile una faccia scolpita nella pietra, analoga a quella presente all’esterno della chiesa di San Martino; tali simboli ricorrenti si ritiene avessero una funzione scaramantica di protezione dagli spiriti maligni o dalla sfortuna. Nel XVII sec. l’allora Vescovo ordinò che gli interni della cappella fossero imbiancati a calce, cosa che fa supporre che la cappella sia stata adibita a lazzaretto nei casi di epidemia. Tale ipotesi è suffragata dalla presenza all’esterno di un pozzo in pietra (e pertanto non utilizzabile come riserva per l’acqua), in cui si ipotizza che in tempo di peste potessero essere gettati i cadaveri, fra strati di calce.
La Cappella di San Dalmazzo a Cigliè
All’interno della cappella, ciò che colpisce maggiormente sono i 170 metri quadrati di affreschi che ricoprono interamente l’abside e le restanti pareti. Gli affreschi della cappella risalgono probabilmente alla seconda metà del ‘500, come sembra attestare la data scritta a sinistra dell’abside: “1573”. Riguardo alla “R” che segue la data, si ipotizza possa rappresentare l’iniziale del nome del pittore che operò nella cappella. Non è possibile, tuttavia, giungere al nome di questo artista, come accade sovente per i pittori che operarono a quel tempo. In questo caso, tuttavia, lo stile permette di attribuire inequivocabilmente gli affreschi all’anonimo “Maestro di Cigliè”, a cui gli storici dell’arte hanno dato questa denominazione non perché fosse originario o operasse in questo paese, ma semplicemente perché il ciclo di affreschi più completo ed importante da lui eseguito risulta essere quello di San Dalmazzo a Cigliè. In zona, infatti, sono state riscoperte altre sue opere tra cui il Compianto nella chiesa cimiteriale di Lesegno e il Giudizio Universale nella chiesa di Madonna dei Boschi a Boves, ispirato al Giudizio Universale di Michelangelo che occupa la parete di fondo della cappella Sistina a Roma. Il “maestro di Cigliè” è un rappresentante del manierismo, una corrente pittorica del XVI secolo tendente all’imitazione dei grandi pittori rinascimentali, specialmente di Raffaello e Michelangelo. In particolare il nostro artista riproduce soprattutto modelli michelangioleschi. È probabile che egli abbia eseguito le sue opere copiando da stampe o da xilografie (incisioni in legno) anche se non è escluso che si sia recato personalmente a Roma. Analizzando gli affreschi della cappella di San Dalmazzo ci si rende conto che si tratta di opere di alta qualità, di grande rilevanza il ciclo della Passione che occupa le tre pareti e l’Annunciazione che ricopre l’abside. Quest’ultimo è delimitato da un arco con decorazione a “grottesche”. Questo genere di pittura, tipica del rinascimento è caratterizzata da una certa raffinatezza dei tratti. Solitamente vengono raffigurati elementi animali e vegetali, oggettistica (vasi, candelieri, ecc.) e visi (nell’arco appare originale il viso per i suoi tratti orientaleggianti e per il copricapo). Il nome di questo tipo di decorazione deriva dal termine grotte, in quanto è ispirata alle antiche pitture romane rinvenute durante gli scavi archeologici e quindi sotto terra.
La Cappella di San Maurizio situata nel cuore del cimitero comunale, che sorge poco sopra il colle dell’abitato è meta di visitatori appassionati ed esperti d’arte. Parte delle pareti sono affrescate con scene raffiguranti : il martirio della Legione Tebea, Presepe, la Crocifissione, gli Evangelisti ed i quattro Dottori e scene della vita di San Maurizio. Gli affreschi risalenti al 1459 sono in buono stato di conservazione e risentono un po’ l’influenza dell’arte provenzale e del jaquerio in specie assumendo un’importanza notevole nel contesto intrapreso sull’arte gotica nel Monregalese. La chiesa, ora cappella cimiteriale, di recente ristrutturazione, era sicuramente la cappella del Castello che si ergeva sul colle vicino, di cui oggi rimane solo la splendida torre quadrata in pietra grigia sopravvissuta all’incendio del 1800. La torre e il castello si fanno risalire al secolo XI e probabilmente la cappella iniziale doveva essere più antica dell’attuale, come testimoniato dalle teste scolpite in arenaria poste alla base dei costoni della volta ogivale e la croce sempre in arenaria appoggiata a una parete. La chiesa attuale è a una sola navata, col tetto a capriata e presenta solo il presbiterio affrescato.
PARETE DELL’ALTARE La grande Croce si erge davanti al muro merlato della Città di Gerusalemme. Alla destra del Crocifisso la Vergine addolorata. A sinistra S. Giovanni Evangelista e ai piedi della Croce la Maddalena. Questa raffigurazione ridotta ai personaggi essenziali si richiama allo stile nordico, come anche i biondi capelli della Maddalena. Sotto a sinistra, Maurizio a cavallo. Sopra nel bordo bianco la data degli affreschi: MCCCCLIX Die Xoctobris. Sotto a destra S. Michele che munito di bilancia e di lancia pesa e contende le anime al nero diavolo steso sul pavimento.
VELE DELLA VOLTA Gli Evangelisti e i Dottori della chiesa di occidente sono seduti insieme su eleganti tronetti. S. Giovanni e S. Gregorio Magno, S. Matteo e S. Agostino (particolare nordico: la lucerna), S. Luca e S. Gerolamo, S. Marco e S. Ambrogio.
PARETE DESTRA: in alto: Natività di Gesù. In basso a sinistra Adorazione dei Magi. A destra corteo dei Magi.
PARETE SINISTRA: In Alto: S. Dionigi, vescovo di Parigi benedice S. Maurizio e i giovani della Legione Tebea. In basso a sinistra : S. Maurizio sottoposto a giudizio e condannato. A destra il Martirio della Legione Tebea. I giovani si presentano sereni al martirio (impotenza della violenza contro la santità).Sullo sfondo due angeli portano in cielo le anime dei due primi decapitati.
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